Il rapporto di quest’anno del CENSIS (l'italiano Centro Studi Investimenti Sociali) individua la natura della crisi in un “calo del desiderio” che si manifesta in ogni aspetto della vita, portando a “evidenti manifestazioni di fragilità sia personali sia di massa, comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattivi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e di futuro”
È evidente come queste considerazioni valgono anche per noi soprattutto in questo esordio di campagna elettorale. Nessuno più bada a chi lavora seriamente, a chi vuole realmente il bene del paese.
<<Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti; e nella astenia generale l’alternativa qual è? Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio, e un moralismo d’appoggio allo Stato come ultima fonte di consistenza per il flusso umano>>, come disse don Giussani ad Assago nel 1987.
E allora c'è una speranza? «Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata e appiattita»
Possiamo sperare di uscire dalla drammatica situazione attuale se tutti − compresi i governanti che oggi hanno la difficile responsabilità di guidare il Paese attraverso questa profonda crisi − decidiamo di essere veramente ragionevoli sottomettendo la ragione all’esperienza, se
cioè, liberandoci da ogni presunzione ideologica, siamo disponibili a riconoscere qualcosa che nella realtà già funziona. Sostenere chi, nella vita sociale e politica, non si è rassegnato a una misura ridotta del proprio desiderio e per questo lavora e costruisce mosso da una passione per l’uomo, è il primo contributo che possiamo dare al bene di tutti.
domenica 30 gennaio 2011
Perchè smettiamo di desiderare?
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