giovedì 6 maggio 2010

Burqa si, burqa no



La questione del divieto del “burqa” o “niqab” ha una certa similitudine con la questione della proibizione dei minareti.
Tutti siamo d’accordo che la nostra cultura non può essere stravolta da un’altra, in particolare dalla sua deriva più totalitaria presente nelle sue frange più estremiste.
Ci dividiamo invece sugli strumenti: gli uni, più pazienti e tolleranti pensano cha basta il serio confronto tra le due culture per condurre alla ragione le frange estremiste dell’altra, anzi che saranno gli stessi moderati islamici alla fine a prevalere sugli estremisti (perché l’insistenza sia sui minareti come sul burqua viene dalle sponde radicali e antioccidentali, sicuramente in minoranza e non ha nulla a che vedere col Corano, testo moderato e conciliante).
Altri, e tra questi mi metto anch’io, pensano che proprio perché tali segni sono sostenuti da quelle cerchie più marginali, la nostra popolazione debba dare un chiaro ed esplicito segnale che più in là di un certo estremo proprio non si può andare perché certe manifestazioni sono proprio in profondo contrasto con le nostre abitudini.
Il concetto del burqa poi, come possiamo notare tutti sulle immagini che la stampa ci propone, va ben al di là della copertura del volto (già di per sé provocante perché oscura il centro della trasmissione dei messaggi che oltre ad orali sono espressivi) e coinvolge tutto il corpo rendendolo una specie di mummia vagante.
No queste figure anche se rare io non vorrei proprio vederle nei nostri luoghi pubblici, e non vorrei nemmeno dover spiegare ai miei nipotini perché nel nostro paese si può circolare così.










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